Pausa natalizia 2024
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Nei primi secoli della sua esistenza, dalla fondazione iniziata col placet di Alfonso d'Aragona (1434) e fin quasi alla fine del Settecento, l'Università degli Studi di Catania non sembra aver avuto un proprio sigillo. Lo confermano le testimonianze degli studiosi che alacremente lo ricercarono nei primi decenni del Novecento, un'epoca nella quale era ancora possibile consultare i fondamentali documenti conservati nell'archivio storico del Comune di Catania, poi distrutto da un incendio nel 1944.
Le fonti tuttora disponibili, in particolare la documentazione raccolta e conservata all'Archivio Storico dell'Università, confermano comunque quegli studi: di fatto, i sigilli reperiti e tuttora leggibili, nelle loro varie forme (pendenti e aderenti; in cera, ceralacca, a secco, a inchiostro), sono di norma riferiti ai diversi soggetti istituzionali che governavano e amministravano lo Studio etneo. Così, ai diplomi di laurea veniva apposto il sigillo del Vescovo pro tempore di Catania, nella sua qualità di Gran Cancelliere dello Studio etneo.
Stemmi e sigilli si trovano anche nelle "fedi" (dichiarazioni) rilasciate dai professori agli studenti, di solito in testa a moduli prestampati, ovvero impressi a secco negli atti pubblici redatti dal notaio dello Studio. Ebbene, non vi si rileva alcuno stemma/emblema/sigillo che possa dirsi proprio dell'Università.
Appare di solito un blasone centrale - quello della casa regnante ovvero del casato di appartenenza del professore - ma è sempre presente lo stemma civico catanese: l'elefante sormontato da una figura femminile armata (nel tempo variamente identificata con Agata oppure Atena).
La ragione di fondo di questa prolungata assenza del sigillo è da attribuirsi alla mancanza di personalità giuridica dello Studio, fino al 1840 non autonomo ma governato e amministrato da vari soggetti istituzionali: civili, le corti regia e viceregia, nonché il Comune di Catania; ed ecclesiastici, il Vescovo e la sua curia.
Alla fine del XVIII secolo appare quello che è stato identificato come il primo sigillo dell'Università di Catania: non essendo stato tramandato un sigillo fisico, esso compare solo come timbro a secco apposto su alcuni degli atti rogati o vidimati dal Notaio dell'Università. Significativamente dallo stesso anno, anche negli atti dove il sigillo non è presente appaiono per la prima volta le diciture esplicite "suggellata col suggello di questa Università" ovvero "una cum sigillo". L'anno è il 1780, certamente non a caso: l'anno prima, 1779, era stata infatti varata l'ultima importante riforma dello Studio catanese in epoca ancien régime che, per la prima volta, sanciva una incipiente autonomia dello Studio, affrancandolo intanto dalla tutela ecclesiastica.
Ecco una descrizione di questo "prototipo" del sigillo dell'Università etnea: "Il sigillo trovato nelle Fedi del 1780 è impresso a secco direttamente sul documento. È di forma rotonda, di grandezza media (mm. 45 di diametro) e reca intorno la leggenda in caratteri latini VNIVERSITAS STUDIORUM CATANA. Nel campo, partito perpendicolarmente con un motivo decorativo di palmette contrapposte, si vede a sinistra l'aquila coronata di Sicilia caricata sul petto dello scudo interzato della casa Borbone in Sicilia, a destra lo stemma settecentesco di Catania: elefante volto a destra, coperto da gualdrappa e sormontato da Atena con lunga asta nella destra e scudo nella sinistra" (C. Naselli, 1934).
I componenti del sigillo sono quindi lo stemma della casa borbonica regnante e lo stemma civico di Catania, conformi ai modelli in uso al tempo. Non ci sono attestazioni che questo prototipo di sigillo sia stato effettivamente e sistematicamente usato nei documenti ufficiali dell'Università. Sicché in epoca borbonica, specie a seguire le riforme del periodo post-napoleonico e la fine dell'affidamento al vescovo della carica di gran cancelliere (1816), nei documenti ufficiali si rileva l'uso del sigillo della casa reale, a volte affiancato allo stemma civico catanese, e di norma con l'aggiunta della dicitura "Regia Università degli Studi di Catania".
A conclusione delle riforme borboniche del sistema universitario in Sicilia, nel 1840 viene pubblicato il Regolamento per le tre Università di Sicilia, che sancisce un nuovo equilibrio nel territorio isolano, con la presenza di tre Atenei: a Catania si aggiungono Palermo (1806) e Messina (1838). Da allora l'Università catanese "assume carattere propriamente statale e adotta per tutti gli usi lo stemma regio. Il sigillo a secco viene sostituito dal timbro a inchiostro per gli Atti correnti, quello pendulo dei privilegi di laurea viene impresso non più sulla cera ma sulla ceralacca" (C. Naselli), come si osserva in alcuni diplomi di laurea del periodo conservati presso l'Archivio Storico dell'Università.
Compare già nel periodo borbonico e perdura anche nel periodo postunitario, l'uso occasionale di un sigillo, derivato da uno degli stemmi del Comune di Catania, con civetta e Σ (= ΣΟΦΙΑ/σοφία), entrambi tradizionali emblemi di Atena e quindi della Sapienza: questo sigillo, adoperato anche dall'Accademia Gioenia, servirà primariamente per ufficializzare, sui diplomi e i documenti ufficiali, la "distinzione" per merito di alcuni esami di laurea.
Dopo l'Unità, con sostanziale continuità, si usò prevalentemente il sigillo sabaudo con la dicitura "Università degli Studi - Catania" a complemento.
Continuò anche l'uso dello stemma civico di Catania, talora affiancato a quello regio. Ci furono anche alcuni tentativi originali di rinnovare la tradizione, in particolare con il Rettore Andrea Capparelli (1896-1898), ma rimasero comunque marginali e ininfluenti.
Infine, nell'anno 1934, in occasione dei solenni festeggiamenti per il V centenario dell'Università etnea, venne adottato quello che è probabilmente, a tutt'oggi, l'unico sigillo ufficiale appositamente progettato ed approvato per uso dell'Ateneo, ad opera della prof.ssa Carmelina Naselli con la collaborazione del prof. Guido Libertini. Partendo dal principio generale di associare lo stemma civico catanese a quello dell'autorità regia, secondo i modelli del passato, si optò per "un sigillo di carattere storico", con lo stemma aragonese anziché quello sabaudo e lo stemma catanese del Quattrocento (adottato in quello stesso anno per il nuovo stemma del Comune). Il sigillo proposto venne esaminato ed approvato dalla Consulta araldica, e quindi dal capo del governo Benito Mussolini, con decreto dato in Roma il 20 settembre 1934. Ecco la descrizione del sigillo data nel decreto, conservato presso l'Archivio Storico di Ateneo: "D'azzurro: partito da un motivo d'ornato; nel primo allo stemma d'Aragona: d'oro, a quattro pali di rosso, affiancato d'argento a due aquile di nero, dal volo spiegato; sullo scudo, la corona reale aragonese; nel secondo, all'elefante di rosso, con la proboscide alzata, con le zanne al naturale, passante su un ristretto di rosso, sormontato dalla lettera A pure di rosso. Intorno, la scritta: SICILIAE STVDIUM GENERALE - 1434 -".
Il sigillo del 1934 è rimasto in uso nelle forme e colori originari o nella pura forma grafica/tipografica in bianco e nero: nell'uso corrente la scritta celebrativa viene spesso sostituita con la dicitura "Università degli Studi di Catania".
Negli ultimi decenni il sigillo a colori, adoperato nei gonfaloni e in altre applicazioni celebrative (targhe etc.), grazie alla diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, è stato spesso oggetto di elaborazioni, non sempre felici: per offrire un riferimento in proposito, nel 2014 sono state emanate delle Linee guida per l'utilizzo del logo d'Ateneo.
Salvatore Consoli - Archivio storico di Ateneo